da l'Adige 19.09
Le librerie muoiono in totale silenzio
Pino Loperfido
Guardi, sono veramente demoralizzata. Mi arrendo. Chiudo». Questo il commento di una storica libraia di Riva del Garda che dopo anni di onorato servizio è costretta a chiudere i battenti dalla pressione della concorrenza. Stesso destino per la libreria per ragazzi «Il pesciolino d'oro» di Via Roggia Grande a Trento, a soli 24 mesi dall'apertura.
Anche il Trentino, insomma, paga lo scotto della crisi dei consumi, del caro affitti, ma soprattutto dell'avvento dei grandi magazzini del libro, megastore, supermercati e quant'altro. Un vero e proprio valzer degli addii che sta attraversando la nostra Penisola. Le piccole librerie indipendenti stanno chiudendo e, se non chiudono, vengono acquisite dalle grandi catene e riconvertite in megastore, appunto. Il mercato è diventato estremamente aggressivo. Questi «grandi magazzini del libro» possono permettersi sconti incredibili, e i piccoli in questo sistema malato non possono competere. Tuttavia non vogliamo cedere alla tentazione di un luogo comune abbastanza diffuso, secondo il quale le piccole librerie sono posti magici e romantici e i megastore sono volgari, orribili. Luoghi vitali; limitati, ma portati avanti con sapienza artigianale e passione i primi, impersonali e accoglienti come un duty free dell'aeroporto di Singapore i secondi. La verità si colloca certamente nel mezzo. Quasi nel mezzo. Difficile e pericoloso, dunque, generalizzare. Ognuno è comunque libero di preferire la completezza dell'offerta alla competenza e all'esperienza del libraio, i vantaggi di una allettante tessera-punti alla condivisione di una passione, l'aria condizionata alla fascinosa polvere, Faletti e Larsson a Buzzati e Pavese. Il problema, per quanto riguarda la realtà trentina e per tutte le altre isole culturali regionali, è un altro. La scomparsa delle nostre librerie storiche ha una conseguenza devastante: il rischio di portare all'estinzione della cultura locale. O meglio, di privarla del veicolo essenziale affinché essa venga trasmessa alla gente: le librerie. I grandi megastore ospitano malvolentieri i libri locali. I distributori devono sovente fare il diavolo a quattro per convincerli a tenere in vetrina un Gorfer, un Rogger o un Faganello. Stendiamo un velo pietoso sulla competenza di certi commessi, che spesso rispondono alle richieste dei clienti con l'aria di chi non ha ancora capito esattamente cosa diavolo si vende lì dentro. Convincerli a cercar di convincere i responsabili a tenere un libro trentino tra i grattacieli di Camilleri e Brown è un'attività avvilente. Pare insomma di domandare la luna. Facciamo i nostri migliori auguri a tutti i librai che combattono ogni giorno, con tenacia la loro battaglia (compresi certi piccoli franchising che si prendono a cuore i prodotti locali), ma non è difficile prevedere che presto non vi sarà più spazio per una diffusione della cultura trentina. Il libro è il veicolo culturale per eccellenza. È attraverso le pagine di un romanzo o di un saggio storico che si trasmette ai posteri l'identità di un popolo. A fronte di quanto detto, suscita una certa curiosità il silenzio della Provincia autonoma di Trento. Impegnata su fronti molteplici dell'economia a sostenere, foraggiare e incoraggiare le attività più diverse, pare davvero strano che ancora nulla di concreto si sia pensato di fare per arginare la scomparsa delle piccole librerie. Pare fin troppo ovvio quanto bisogno ci sia di una legge che regolamenti il mercato, un po' come avviene in Francia. E la nostra natura di provincia autonoma ci permetterebbe anche di non dover attendere la burocrazia romana prima di fare qualcosa di concreto. Quindi… Sovvenzioni particolari a chi decide di aprire una libreria (soprattutto) di libri trentini, sgravi fiscali, contributi a fondo perduto per il pagamento degli affitti, obbligo per i megastore di destinare un minimo di esposizione ai libri locali, curare la distribuzione regionale ed extra regionale dell'editoria trentina. Le strade per aiutare le piccole librerie indipendenti sono tante e tutte percorribili. Per intanto ci auguriamo che possa sorgere un dibattito e che la Provincia, ovvero l'assessorato alla Cultura possa fornirci delle rassicurazioni. I libri che parlano di noi e della nostra storia siamo noi stessi che aspiriamo all'eternità.
da l'Adige 23.09
Ho letto con molta attenzione ed anche con un senso di gratitudine l'intervento di Pino Loperfido apparso sull'Adige di sabato scorso. L'attenzione nasce dalla profondità dell'analisi e dall'esattezza della diagnosi che l'Autore fa del settore delle librerie in Trentino; la gratitudine emerge da terapie consigliate dallo stesso Loperfido. Terapie che vanno nella direzione degli interventi già messi in atto dal mio assessorato, sulla scorta di quanto emerso da un interessante e proficuo incontro con i rappresentanti dell'Associazione dei Librai trentini, suggerendone altri che verranno esaminati con la dovuta considerazione. La questione fondamentale che Pino Loperfido pone è la necessità di salvaguardare le piccole librerie a conduzione diretta, sia quelle che operano in città sia quelle che lavorano nei piccoli centri. Salvaguardia che deve riconoscere il ruolo sociale che le librerie svolgono per la divulgazione culturale, in particolare per quanto riguarda la produzione editoriale locale. Le misure che Loperfido propone, per la verità, mi sembra vadano, più che verso il sostegno alla produzione libraria «trentina», nella direzione dell'aiuto all'impresa, e su questo come assessore alla cultura poco potrò fare, ma porrò la questione all'interno delle sedute di giunta economica. All'Associazione dei Librai ho suggerito alcune proposte e li ho stimolati ad organizzare, garantendo il necessario sostegno economico, iniziative a carattere promozionale, che siano rassegne editoriali, giornate dedicate al libro, serate in biblioteca, incontri a scuola e nei circoli, rubriche o altro. Mi sento anche di ricordare, in aggiunta a quanto già detto dall'Autore dell'editoriale, che il mio assessorato ha già deciso di attivarsi per individuare gli strumenti più idonei sul versante del sostegno ai consumi culturali, tra quali rientra senza alcun dubbio l'acquisto di libri, giornali, ecc., ma anche, ad esempio, la disponibilità dei mezzi di informazione (penso alle rubriche radiofoniche o televisive) e delle strutture pubbliche (biblioteche e sale di pubblica lettura) per la presentazione delle novità editoriali, perché è solo conoscendo un nuovo libro che il potenziale lettore è portato a cercarlo in una libreria per aggiungerlo alla sua collezione. Va detto, peraltro, che il mio assessorato dall'entrata in vigore della legge 12 del 1987 è sempre intervenuto a sostegno dell'offerta editoriale locale attraverso l'acquisto dei volumi editi dalle case editrici trentine e da altri soggetti e per la maggior parte si tratta proprio di libri che trattano argomenti legati alla nostra terra. Questi volumi sono destinati, primariamente, alle biblioteche del Trentino. Per quel che riguarda i consumi culturali, però, sarebbe indispensabile avere un quadro generale di come si muova il consumatore trentino in questo settore (libri, giornali, teatro, cinema, danza, conferenze, ecc.) e sulla base dei dati raccolti decidere quali investimenti effettuare. Faccio un esempio. Se è vero - come purtroppo è - che i trentini leggono poco rispetto ad alcune regioni europee, si tratta di capire come invertire questa tendenza, partendo ad esempio dai giovani. E qui il ruolo delle biblioteche come luoghi di promozione della cultura e della lettura diventa centrale e determinante ed è nella direzione del potenziamento di questa funzione che bisogna muoversi con urgenza e concretezza. È comunque una direzione, questa, che abbiamo già imboccato di concerto con l'intero sistema bibliotecario provinciale. In generale c'è da dire che, seppure in presenza di enunciazioni di principio secondo le quali ad esempio la cultura dev'essere considerata uno dei fattori di sviluppo sia sociale che economico, l'industria culturale (editoria, cinematografia, ecc.) non sembra essere considerata in modo significativo come uno dei settori su cui puntare e investire. Ad esempio il Trentino è sprovvisto, a differenza di quel che avviene in altre regioni tipo la Sicilia, di una legge sull'editoria che permetta a questo settore di affrancarsi dal mercato strettamente locale così come oggi accade. Solo con la nuova legge sulla cultura si è prestato attenzione al settore degli audiovisivi, che in alcune parti d'Italia è uno dei settori su cui si punta maggiormente sul piano dello sviluppo economico (basti pensare che la maggior industria culturale nel mondo è quella legata al cinema e ai prodotti audiovisivi). Ecco perché in Trentino varrebbe la pena di cominciare seriamente a discutere con tutti i «portatori di interesse» in campo librario-editoriale, compreso il mondo della scuola, per concordare una serie di linee di azione comuni che potrebbero sfociare appunto in un organico provvedimento legislativo. Un ultimo interessante spunto emerge dall'articolo dell'Adige quando Pino Loperfido introduce nel ragionamento l'idea che le piccole librerie assolvono, in realtà, non solo il ruolo culturale che è la loro «mission» principale, ma anche una funzione più estesamente sociale, che giustificherebbe un sostegno alla loro attività, in modo non solo da scongiurarne la chiusura, ma addirittura da potenziarne la presenza sul territorio. Siamo nel pieno di quello che giorni fa, rispondendo ad altre sollecitazioni giornalistiche, avevo definitivo «welfare culturale» meritevole di sostegno e di interventi pubblici alla pari di altre forme di assistenza. E che la cultura sia uno dei fattori più importanti e centrali per definire la qualità della vita lo dicono molte e recenti indagini.
Franco Panizza
È Assessore provinciale alla cultura, rapporti europei e cooperazione
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